Aborto farmacologico: nuove Linee guida nazionali
Un mesetto fa, in una caldissima mattinata di Luglio, ci riunivamo in una piazza assolata a Roma, davanti al ministero della salute, a manifestare per quello che dovrebbe essere un diritto intoccabile di ogni donna.
E la risposta è arrivata!
L’8 agosto il Ministro Speranza annuncia le nuove linee guida definendole “Un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194, che è e resta una legge di civiltà”
È un giorno importante per le donne e per il diritto all’aborto.
Le nuove linee guida emesse il 12 agosto prevedono l’estensione del periodo consentito per la procedura dell’aborto farmacologico da 7 a 9 settimane (63 giorni) e la possibilità di somministrare i due farmaci per l’interruzione farmacologica in regime di day hospital in ospedale ma anche in strutture ambulatoriali, compresi consultori, individuati dalle regioni e collegati con gli ospedali.
Ci avviciniamo sempre di più al resto dei paesi europei e ci allontaniamo definitivamente dalla regione Umbria, che recentemente ha posto l’obbligo di ricovero per l’IVG farmacologica.
Le linee guida ufficiali confermano le posizioni scientifiche nazionali e internazionali riguardo la sicurezza della procedura e l’importanza di garantire un aborto in totale sicurezza e tutela della salute sessuale e riproduttiva.
Il Consiglio Superiore di Sanità, che ha promosso questo importante passo verso una maggiore tutela dei diritti sessuali e riproduttivi, ha dichiarato che “non esistono evidenze scientifiche che sconsiglino la somministrazione (dei farmaci preposti all’interruzione) alla nona settimana”.
La presidente di Laiga, Silvana Agatone, ha commentato così:
“Queste nuove linee guida permetteranno finalmente alle donne di usufruire dell’aborto farmacologico, perché finora dovevano superare molti ostacoli e spesso non riuscivano ad averne accesso in tempo (meno del 20% delle IVG avviene con il metodo farmacologico, che è il meno invasivo per la salute riproduttiva delle donne – ndr).
Il fatto che siano stati eliminati i tre giorni di ricovero, per le strutture pubbliche significa che ci sarà più spazio per patologie più gravi e che lo Stato affronterà meno costi inutili. Non dover più stare tre giorni ricoverate per prendere dei farmaci che non hanno pressoché alcuna complicanza, è un sollievo per le tasche di tutti i cittadini italiani.
Ricordiamoci inoltre che le strutture ospedaliere che forniscono il servizio sono poco più della metà, e dare il tempo alle donne per poter usufruire della legge 194 è senz’altro un vantaggio, anche in momenti di emergenza come quello che abbiamo appena vissuto.
Finalmente ci allineiamo con tutti gli altri paesi europei, e tamponiamo il grande problema dell’obiezione di coscienza.”