Obesità: genetica o stile di vita?

Obesità: genetica o stile di vita?

Obesità: genetica o stile di vita?
Il senso di fame e di sazietà viene regolato da una serie di ormoni e neuropeptidi codificati in circa 80 geni.

Il ruolo centrale lo svolgono due ormoni: la grelina e la leptina.

La grelina, l’ormone della fame, viene prodotta principalmente da cellule specializzate poste nel fondo dello stomaco nello stato di digiuno, quando lo stomaco è vuoto.

La leptina, l’ormone della sazietà, viene liberata dagli adipociti, le cellule che immagazzinano i grassi.

I due ormoni agiscono prevalentemente a livello dell’ipotalamo, al centro del cervello, inducendo la sintesi di neuropeptidi e la successiva liberazione di neurotrasmettitori che provocano lo stato di fame o di sazietà.

Una tappa importante, nel tentativo di capire il complesso rapporto fra fame e sazietà, è stata la scoperta della leptina.

A questo fine hanno contribuito in maniera determinante gli studi sugli indiani Pima, indiani americani che vivono nel Sud dell’Arizona (fig.1).

La maggior parte di loro è obesa. E’la popolazione con la più alta prevalenza di diabete tipo 2 a livello mondiale.

Una situazione simile si ritrova negli abitanti di alcune piccole isole del Pacifico (Pacific islanders) (fig.2). Sono gli individui con la più alta prevalenza di obesità a livello mondiale.

Queste popolazioni in passato hanno attraversato ricorrenti carestie alimentari. Tali eventi hanno fatto sì che sopravvivessero e quindi venissero geneticamente selezionati quegli individui capaci di assimilare maggiori quantità di cibo nei periodi di abbondanza, perché “insaziabili”. Attualmente, in una condizione di eccesso di cibo, questi individui “insaziabili” (un tempo in grado di sopravvivere alle carestie), diventano obesi e diabetici.

Gli indiani Pima hanno dei difetti genetici nella cascata di reazioni che la leptina, l’ormone della sazietà, attiva. C’è una resistenza all’azione della leptina. Il meccanismo della sazietà negli indiani Pima è deficitario, carente.

Altri difetti genetici che portano all’obesità sono stati individuati.

Il recettore della grelina, l’ormone della fame, può avere una attività basale alta e quindi essere attivo anche in assenza di grelina. Individui con questa caratteristica genetica hanno fame indipendentemente dalla situazione del loro stomaco.

L’obesità si sviluppa quando l’apporto energetico alimentare supera il consumo energetico per un lungo periodo di tempo.

L’ampia disponibilità di cibo ad alto contenuto energetico e a costi bassi (junk food), ha favorito un aumento dei consumi alimentari.

Tutto ciò è spesso accompagnato a una riduzione dell’attività fisica, dovuta alla disponibilità di passatempi sedentari (cellulari, televisione, computers, tablets, giochi elettronici), attività lavorative sedentarie, uso smodato dei mezzi di trasporto.

Il futuro probabilmente ci riserverà la possibilità di individuare nei singoli soggetti obesi quelle varianti genetiche che portano a una iperattività del centro della fame e/o una ipoattività del centro della sazietà (meccanismi che hanno consentito la sopravvivenza in tempi di carestia) e di agire farmacologicamente in maniera personalizzata su questi meccanismi.

Al momento per prevenire o ridurre l’obesità gli strumenti di prima linea che abbiamo a disposizione sono la diminuzione dell’apporto calorico, attraverso una modifica della dieta, l’aumento del consumo energetico attraverso l’attività fisica.

Una dieta ricca in fibre, polifenoli, acidi grassi mono e polinsaturi, povera in grassi animali e carboidrati ad alto indice glicemico è il primo strumento a nostra disposizione, riservando step successivi quali diete ipocaloriche chetogene, farmaci, chirurgia bariatrica in caso di fallimento delle modificazioni dello stile di vita.

Per ulteriori approfondimenti, potete consultare tutti gli altri articoli contenuti nella sezione “Obesità” di questo sito.

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