Incidenti nucleari e tiroide

Incidenti nucleari e tiroide

Incidenti nucleari e tiroide Dott.ssa Claudia Brufani endocrinologa e diabetologa a Roma. Sono passati quasi 36 anni dall’incidente nucleare che provocò il più grande rilascio di materiale radioattivo nell’ambiente, quello di Chernobyl in Ucraina nell’aprile del 1986.

I tragici eventi in Ucraina di questi giorni e la guerra in prossimità della centrale di Chernobyl hanno ridestato il timore per un incidente nelle centrali nucleari e per le conseguenze mediche che ne potrebbero derivare.

Incidenti nucleari e tiroide:quali sono i rischi per la salute in seguito a un incidente nucleare?

Dipende dall’intensità e dal tipo delle radiazioni assorbite.

Nelle persone che si trovano nelle immediate vicinanze (alcuni km) della fuga di un materiale che emette radiazioni a elevata intensità i danni maggiori e più precoci sono al midollo osseo e all’intestino. Si sviluppano così anemia grave, elevata suscettibilità alle infezioni, emorragie e gravi turbe dell’alimentazione.

Questa sindrome acuta da radiazioni si verifica solo per livelli di radioattività molto elevati e non riguarda la popolazione generale, ma solo il personale che si trova all’interno o in stretta prossimità del reattore al momento dell’incidente.

Incidenti nucleari e tiroide: quali sono le possibili conseguenze a livello della tiroide di un incidente nucleare?

Tra le sostanze radioattive disperse nell’ambiente in seguito al danno di un reattore in una centrale nucleare c’è lo iodio radioattivo (131I).

Nella fisiologia del corpo umano lo iodio costituisce l’elemento fondamentale per la corretta funzione della tiroide. Lo iodio viene immagazzinato dalla tiroide e utilizzato per la sintesi degli ormoni tiroidei. In caso di assunzione di iodio radioattivo, questo si accumula nella tiroide e vi persiste per alcuni giorni irradiandola.

Il disastro di Chernobyl provocò un aumento di casi di tumore della tiroide nelle zone vicine all’incidente (oltre all’Ucraina, anche Russia e Bielorussia), soprattutto fra i bambini.

Tra le sostanze tossiche rilasciate dalla nube di Chernobyl, quella più abbondante, era proprio lo iodio radioattivo.

I residenti delle zone di Chernobyl assorbirono iodio radioattivo soprattutto attraverso il latte fresco proveniente dai pascoli contaminati. In particolare, i bambini sono stati quelli più sensibili all’esposizione al radioiodio. In età infantile vi è infatti un maggior consumo di latte e latticini, ma soprattutto c’è una maggiore richiesta di iodio, essendo l’ormone tiroideo fondamentale per la crescita.

I casi accertati di tumore tiroideo tra il 1986 e il 2005 fra coloro che all’epoca avevano meno di 18 anni sono stati più di 4.000, con un aumento fino a 10 volte rispetto al periodo precedente il disastro. In Italia fu molto modesto l’effetto delle radiazioni, in particolare sul rischio di sviluppare tumore tiroideo.

Oggi sappiamo che i tumori della tiroide indotti dalle radiazioni compaiono dopo una latenza di 10-20 anni.

Dall’esperienza di Chernobyl abbiamo imparato che ci sono delle categorie a rischio per lo sviluppo di tumori tiroidei in seguito a esposizione a iodio radioattivo: i bambini di età inferiore ai 10 anni, per la marcata sensibilità della tiroide alle radiazioni in età pediatrica; le donne in gravidanza, per la particolare suscettibilità del feto agli effetti nocivi delle radiazioni; i pazienti affetti da insufficienza renale in terapia con dialisi, a causa di una ridotta capacità di eliminare le sostanze radioattive contaminanti.

Incidenti nucleari e tiroide: é possibile prevenire l’esposizione della tiroide a iodio radioattivo?

La somministrazione di una dose sovra-fisiologica di iodio non radioattivo, sotto forma di una soluzione di ioduro di potassio, può ridurre, fino a bloccare, l’accumulo dello iodio radioattivo all’interno della tiroide nel caso di incidente nucleare.
L’efficacia del farmaco è massima quando viene assunto in modo preventivo, iniziando prima o poche ore dopo l’inizio dell’incidente.

La soluzione di ioduro di potassio deve essere assunta solo se raccomandata dalle autorità sanitarie, in seguito a prescrizione medica e sotto controllo medico.

Una assunzione massiva e inopportuna di iodio infatti, può determinare sintomi influenzali, mal di testa, lacrimazione, congiuntivite, arrossamenti del volto, dolore alle ghiandole salivari, laringite, bronchite e una disfunzione tiroidea in soggetti predisposti.

Al momento non vi è alcuna indicazione a effettuare una iodio-profilassi terapeutica con soluzione di ioduro di potassio per la prevenzione di effetti nocivi da radiazioni ionizzanti.

Rimane la raccomandazione ad assumere regolarmente una quantità corretta di iodio sotto forma di sale iodato (poco sale ma iodato) non solo per prevenire le malattie della tiroide (noduli, ipotiroidismo), ma anche per prevenire i tumori tiroidei provocati dalla liberazione di iodio radioattivo nell’ambiente.

La tiroide è avida di iodio e lo diventa ancora di più se ne viene ingerito poco. Lo iodio-radioattivo è stato maggiormente captato e trattenuto dalla tiroide dei bambini cresciuti nei paesi con carenza di iodio. Questo spiega l’alta incidenza di tumore della tiroide nelle aree contaminate dallo iodio radioattivo di Chernobyl.

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